giovedì 28 agosto 2008

22-08-08 Scalo Tecnico


Aeroporto di Bruxelles, imparo con gioia che il mio volo stavolta farà scalo a Dakar e scopro con ancora più gioia di essere nel posto vicino al finestrino, appena dietro l’ala sinistra dell’aereo; non so bene il perché ma l’idea di poter vedere la città anche se solo dall’alto mi rende molto, molto felice…

La mia felicità è appena turbata alla partenza quando a causa della mia posizione privilegiata posso vedere che un angolino della lamiera di copertura dell’ala dell’aereo è leggermente staccato, fortunatamente è in una posizione coperta e una volta chiusa l’ala il maledetto lamierino scompare permettendomi di dormire tranquillo e rimpinzarmi con incoscienza delle orribili insalatine insapori che servono per il pranzo in economy class.

Passano le ore (cinque? Sei?Sette?) e Inizia l’atterraggio, Dakar dall’alto è splendida e brulicante di vita e di colori, in un cimitero riesco a vedere un corteo di persone assiepate dietro un carro funebre, sarà di cattivo auspicio?

Forse, dato che una volta fermi sulla pista ributto l’occhio sul famigerato lamierino che ora si è staccato molto di più e sporge per circa trenta centimetri lasciando scoperti dei cavi o qualcosa di simile…

Da bravo cittadino (e da ipocondriaco del volo maybe) avverto la hostess che avverte lo steward che avverte il comandante che è un belga di due metri e dieci con sguardo bovino il quale si siede al mio fianco e osserva in silenzio, è un sollievo sentire che il suo fiato (anch’esso bovino) per lo meno non puzza di alcool.

Con una amorevole pacca sulla spalla, che non dimenticherò facilmente, mi ringrazia e mi assicura che risolverà il problema, i passeggeri mi guardano come se fossi l’eroe della domenica, un momento di gloria non lo si nega a nessuno…

Sopraggiungono in tempi ragionevolmente brevi a bordo di un piccolo furgone due tecnici avvolti in giubbini arancioni identici a quello che tengo nel cruscotto della mia macchina. il primo si dirige verso il comandante con aria seriosa e inizia ad indicare l’ala gesticolando, mentre il secondo punta deciso verso la ossigenatissima hostess con cui si fermerà a ridere e scherzare fino alla fine dell’operazione.

Il tecnico serio intanto si dà da fare: bisogna raggiungere la cima dell’ala e in pochi secondi è già riuscito a impadronirsi di un montacarichi per imbarcare i bagagli, lo parcheggia a fianco dell’aereo e si avvia verso il furgone per prendere la borsa degli attrezzi.

La “borsa degli attrezzi” consiste in un marsupio di quelli che andavano di moda qui tanti anni fa, di uno splendido colore lilla e laccetto giallo, dentro, a quanto posso vedere dal finestrino, c’è spazio anche per il suo personale pacchetto di sigarette.

Dopo pochi secondi il suo piano d’azione è chiaro a tutti: staccare la parte svolazzante e (spero) sostituirla.

L’impresa è più ostica del previsto…il pezzo distaccato risulta essere di una lamiera resistentissima che non vuol lasciarsi tagliare dagli attrezzi specialissimi del tecnico (un cutter e una forbice) breve istante di riflessione del tipo che armeggia con la sua ricetrasmittente; un paio di minuti più tardi giunge un secondo furgone con l’attrezzo giusto per l’occasione: un enorme martello da muratore.

Dopo una serie interminabile di martellate sui flaps dell’ala anche la lamiera belga, notoriamente resistente si spezza fra le mani del nostro tecnico che scende felice del suo lavoro e balza sul secondo furgoncino mentre l’altro autista continua a provarci con la hostess.

Dopo poco eccolo di ritorno con il pezzo di ricambio e il solito marsupio, il pezzo però non mi sembra quello giusto: dev’essere una lamiera metallica ma invece che un foglio piatto è di forma cilindrica (??) scopro presto con una lieve inquietudine che si tratta di una sorta di domo pack, tipo quello che si usa per impacchettare il cibo; il fatto che sia adesivo mi rincuora un po: già temevo di veder spuntare dalla leggendaria borsina un rotolo di scotch o colla vinavil…

A questo punto è un gioco da ragazzi, per non sbagliare ne applica una quantità enorme, risultato: la nostra ala prima bianca e scintillante è diventata un patchwork astratto di toppe color alluminio; un perfetto aereo africano; il tecnico ripone tutto, l’autista saluta a malincuore la sua preda strappandole due baci sulla guancia e dopo poco si decolla di nuovo.

Non so se sia merito delle toppe, del pilota, o del clima ma il temuto atterraggio a Freetown è di gran lunga il migliore che mi sia mai capitato di fare…

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