giovedì 28 agosto 2008

Zanzare

Ci sono suoni che ci portiamo addosso volenti o nolenti come il colore della pelle o il nostro cognome.
Per tutti i poveri disgraziati nati come me nella distesa piatta lambita dal Po uno di questi inevitabili suoni è il ronzio della zanzara.
Per quanto sia fastidioso (il ronzio e l’insetto stesso) non possiamo negare di essere un poco affezionati a questo rumore che ci ricorda l’estate: interminabili serate davanti a un bicchiere di lambrusco, nottate in un campo di erba medica a caccia di stelle cadenti, l’odore del grano appena battuto, il rumore sadico di quei terribili neon celesti elettrificati sopravvissuti agli anni ottanta, il canto ossessivo dei grilli, il fresco della sera sulla pelle, passeggiate, biciclette, concerti all’aperto, le lucciole “che una volta ce n’eran tante e adesso non se ne vedon più “, lune piene, lune mezze, lune nuove eccetera eccetera eccetera.
tutta questa poesia spicciola in un ronzio insulso di pochi decibel.
Eppure qui a duecento chilometri dall’equatore quello stesso ronzio ci rimanda alla mente concetti diversissimi e inquietanti: malaria, brividi, febbre, plasmodio, chinino, deliri, meflochina, sudori freddi, morte…
Nel buio della mia stanzetta una zanzara vola tranquilla in attesa di vampirarmi com’è suo diritto-dovere, situazione abituale ma non qui; vittima suscettibile di tanti racconti e reportages terroristici perdo subito il sonno, accendo la mia candela e mi preparo all’attacco.
Il nemico è invisibile, opto dunque per le armi chimiche: un verdissimo zampirone dalla forma ancestrale e dall’aroma inconfondibile.
Sarà l’effetto placebo di quest’odore o qualche additivo psicotropo che si spande nell’aria ma ora posso rimettermi a letto tranquillo, senza più curarmi del maledetto ronzio.
Al mattino dell’orgogliosa spirale non resta che una montagnola di mozziconi untuosi; la notte è passata e nessuna puntura; gli effetti sui miei polmoni però sono ancora tutti da verificare…..

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